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Il libero scambio che vogliamo

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Secondo il rapporto della Onlus Occhio del Riciclone, complice la crisi, il settore è in crescita in tutti i suoi segmenti: dai tradizionali mercatini delle pulci (tipo Porta Portese), alle storiche botteghe parrocchiali (sul modello delle Charities inglesi), ai negozi specializzati che ammontano a 3.283 fissi e 1.886 ambulanti. Nascono imprese di filiera che alimentano veri supermarket dell’usato e reti di punti vendita specializzati: abbigliamento, giocattoli, bigiotteria, calzature, oggettistica varia, mobili e arredamento, elettrodomestici, apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Si calcola che il riuso valga almeno 2 miliardi all’anno. Ma è evidente che il grosso del settore è dominato dalla informalità; attività a cavallo tra sgombratori di soffitte e riciclatori creativi, tra collettori di scarti pre-consumo (sfridi di fabbrica) e cooperative sociali, rottamatori e ciclo-officine… Così come le diverse forme di scambio si intrecciano tra il dono, il baratto, la raccolta fondi per progetti non profit e la compensazione monetaria. Feste e festival dell’usato fioriscono ai margini dei parchi cittadini nei giorni di festa. Vere aree di libero scambio! Con grande beneficio per le aziende di raccolta dei rifiuti il cui smaltimento viene quantomeno differito nel tempo.

Ma per avere un più ampio futuro, al riuso e al riciclo servirebbero normative specifiche che facilitassero il recupero e il trattamento delle merci giunte a fine ciclo di vita, come chiede la rete Nazionale degli Operatori dell’Usato. Oggi chi tocca un oggetto abbandonato rischia una denuncia per smaltimento abusivo di rifiuti. Il progetto pilota europeo Prisca, della coop. Insieme di Vicenza, dimostra come sia possibile costruire una filiera virtuosa a partire dalle isole ecologiche comunali, attraverso la classificazione, la preparazione, la pulizia, lo smistamento, la rigenerazione e la distribuzione di grandissime quantità di beni riutilizzabili. Con risparmio di materie prime, beneficio per i bilanci famigliari e creazione di posti di lavoro. Piccole strategie di resistenza contro l’obsolescenza programmata e il consumismo compulsivo.

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