Siamo di fronte a due crisi su scala planetaria: il cambiamento climatico e l’estinzione delle specie. I nostri modelli di produzione e di consumo hanno contribuito a entrambe queste crisi. E se non si interviene per ridurre le emissioni di gas serra potremmo sperimentare un catastrofico aumento della temperatura di 4°C entro la fine del secolo. Cambiamento climatico non significa però solo riscaldamento globale, ma anche siccità, inondazioni, cicloni e altri eventi estremi, che già stanno costando moltissime vite umane, come abbiamo visto pochi mesi fa in Jammu e Kashmir.
L’OSSIDO DI DI AZOTO (N2O) e il metano sono gas serra come la CO2, ma più potenti. Il primo, secondo un rapporto Unfccc, ha circa 300 volte il potenziale di riscaldamento globale della CO2, “appena” venti il metano. Le loro emissioni sono aumentate drammaticamente proprio a causa dell’agricoltura industriale: l’N2O viene infatti emesso attraverso i fertilizzanti azotati di sintesi, il metano dagli allevamenti intensivi. La diffusione delle monocolture e l’uso crescente di fertilizzanti chimici, combinati con la distruzione degli habitat, hanno contribuito alla perdita di biodiversità. Nel 1995 la Conferenza Onu di Lipsia sulle risorse fitogenetiche valutò che il 75% della biodiversità mondiale era scomparso in agricoltura a causa della Rivoluzione verde. La scomparsa di impollinatori e organismi benefici del suolo sono un altro esempio di erosione della biodiversità dovuta all’agricoltura industriale. Cambiamento climatico, agricoltura e biodiversità sono intimamente connessi. La biodiversità nella nostra agricoltura può contribuire a mitigare i cambiamenti climatici, l’agricoltura industriale non può che aggravarlo.
AL VERTICE DELLA TERRA DEL ’92 la comunità internazionale sottoscrisse due accordi giuridicamente vincolanti: la Convenzione quadro Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc) e quella sulla conservazione della biodiversità (Cbd). Da allora in poi, una scienza interdisciplinare all’avanguardia e i movimenti democratici hanno creato il contesto per l’affermarsi del diritto ambientale internazionale. Oggi scienza e democrazia continuano ad essere le forze che proteggono il pianeta e la nostra vita. Ed è da quel 1992 che i grandi inquinatori – l’industria dei combustibili fossili e quella agrochimica, biotecnologie incluse – fanno di tutto per sovvertire i trattati ambientali internazionali su cambiamenti climatici e biodiversità. Il diritto internazionale è stato violato dall’illegalità della propaganda e dagli esperti in pubbliche relazioni. Negazionisti ignoranti che non tengono conto delle scienze della biosicurezza e dell’agroecologia. La biosicurezza valuta scientificamente l’impatto degli ogm su ambiente, salute pubblica e condizioni socioeconomiche, assicurando la sostenibilità sociale ed ecologica di sistemi agricoli e alimentari. Sistemi basati sull’agroecologia sono importanti per conservare la biodiversità, aumentare la salute, la nutrizione per acro e la resilienza climatica, garantire la sicurezzaalimentare. In entrambi i casi, l’attacco di questi esperti in pubbliche relazioni si basa su motivi non scientifici. È irresponsabile perché ci spinge più vicino al disastro e impedisce il cambiamento.
DOBBIAMO ABBANDONARE l’agricoltura industriale e un sistema alimentare globale centralizzato che non fa che contribuire alle emissioni. La conservazione della biodiversità è fondamentale per l’adattamento. Abbiamo bisogno di passare a pratiche agroecologiche che conservino la biodiversità garantendo la biosicurezza. Non possiamo dipendere da una mente meccanicistica e dalla sua negazione dell’interconnessione dei sistemi viventi e degli ecosistemi. Come disse Einstein, “non possiamo risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha creato”. Sistemi centralizzati, a base di monocoltura, basati sull’uso intensivo dei combustibili fossili, fra cui quella di agricoltura ogm, non sono flessibili. Non possono adattarsi ed evolvere. Abbiamo bisogno di flessibilità, resilienza e adattamento a una realtà mutata. Questa resilienza deriva dalla diversità. Questa diversità di conoscenze, dell’economia e della politica, è quello che io chiamo Democrazia della Terra.
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