04 marzo 2014 - Pubblicato dal Dipartimento Usa all’agricoltura il nuovo rapporto sui rischi e i benefici delle colture geneticamente modificate a circa 15 anni dalla loro adozione.
Gli Stati Uniti figurano, infatti, per il 2013 al primo posto nella lista dei 10 maggiori paesi produttori con 70,1 milioni di ettari (40 % del totale globale) principalmente di mais, soia, cotone e colza con tratti di tolleranza agli erbicidi e di resistenza agli insetti.
Nel rapporto si evidenzia che, sebbene gli OGM e i loro derivati siano usati ampiamente nella mangimistica e nella produzione agroalimentare, rimangono ancora aperte diverse questioni circa gli impatti economici e ambientali, la difficile accettazione da parte dei consumatori e il problema dello sviluppo delle resistenze. Secondo il Servizio per la ricerca economica dell’USDA (ERS-USDA) che ha stilato il dossier, il 93% della soia, l’83% del mais e l’82% del cotone transgenici coltivati nel 2013 sono del tipo tollerante agli erbicidi (HT), mentre il 75% dell’area coltivata riguarda le varietà (mais, tabacco e cotone) rese resistenti agli attacchi degli insetti predatori.
I dati riportano per gli anni 2001-2010 un minor uso degli insetticidi nelle coltivazioni di mais e cotone, ma ci sono evidenze dello sviluppo in alcune aree di popolazioni di insetti (lepidotteri) resistenti al tratto Bt che inficiano i benefici derivanti dall’adozione della tecnologia.
Per i ricercatori dell’ USDA, inoltre, il crescente impiego da parte degli agricoltori dell’erbicida a base di glifosato, ha contribuito all’evoluzione di 14 diversi tipi di erbe infestanti e che ciò si riflette di conseguenza sulla valutazione dei benefici della tecnologia.
A quindici anni dalla loro introduzione sul mercato commercializzazione emerge, quindi, che i semi brevettati costano più di quelli convenzionali ( il prezzo della soia e del mais transgenici dal 2001 al 2010 è aumentato del 50%), e che il loro uso non si traduce in un aumento del potenziale produttivo o di netto guadagno per l’agricoltore.
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