Il concetto di "bene comune" sta attirando sempre più l'attenzione e l'interesse di vari agenti di cambiamento sociale. Che si tratti di ecologia, difesa dei servizi pubblici, cultura e tecnologia, i beni comuni - o, più semplicemente, il "comune" – definisce una pratica alternativa alla logica del commercio e del controllo, incentrato sulla cooperazione e la condivisione, volto a ripristinare il potere e l’autonomia dei privati cittadini.
David Bollier, ricercatore indipendente e attivista statunitense, in un libro di recente pubblicazione in Francia e in un’intervista rilasciata alla rivista Basta!, ci invita a non essere più "creature del mercato", consumatori isolati, senza alcun potere se non quello di votare di tanto in tanto, ma a diventare piuttosto attori di un sistema di produzione, di relazioni sociali e di una governance alternativa al neoliberismo.
Fino a un decennio fa, "i beni comuni" erano considerati o come un sistema di gestione inefficace (la "tragedia dei beni comuni", il rischio di sfruttamento di una risorsa liberamente accessibile, ad esempio), o come un relitto arcaico di epoca medievale, o come una curiosità antropologica di alcuni paesi del Sud nel gestire le foreste o terreni agricoli. La cultura di Internet ha cambiato radicalmente la visione del comune. Tutti possiamo gestire collettivamente tutti i tipi di risorse creative e informative. La "produzione tra pari sulla base comune", come viene talvolta chiamata, la "cooperatività" può essere più efficace della competitività. I beni comuni sono infatti vivi e vegeti in innumerevoli manifestazioni. Essi comprendono milioni di comunità del software open source, che hanno creato Linux, e includono le infrastrutture che alimentano Internet; decine di migliaia di wikipediani che scrivono e modificano in più di 150 lingue, e scienziati e accademici che contribuiscono a più di 9.000 riviste scientifiche con libero accesso. Internet equivale ad una delle grandi infrastrutture di hosting per la creazione di beni comuni.
Partendo dalla considerazione che “sempre più persone si stanno rendendo conto che i governi e i mercati non possono e non vogliono risolvere i nostri problemi perché entrambi sono strutturalmente limitati nelle loro capacità. I governi sono spesso burocratici e corruttibili, mentre i mercati seguono un approccio predatorio e impersonale”, Bollier rivolge un “appello pubblico alle persone affinché forniscano i mezzi per definire collettivamente le regole e progettare soluzioni pratiche. Il senso comune di base è appunto uno: agire e collaborare con i coetanei, in modo auto-organizzato, per soddisfare i nostri bisogni di base.
Sempre sul ruolo dello Stato, Bollier ritiene che sia “normale che i cittadini si aspettino che i loro governi facciano cambiamenti e riforme. I funzionari eletti hanno il riconoscimento ufficiale, la responsabilità e il potere di introdurre cambiamenti per affrontare le sfide attuali. Il problema è che spesso, in realtà, i governi non rappresentano i loro cittadini e sono responsabili solo in modo molto marginale. Istituzioni centralizzate e gerarchiche, i governi possono non essere molto efficaci o molto reattivi quando si tratta di gestire la complessità decentrata della vita moderna. Inoltre, la centralizzazione dello Stato lo rende ancora più vulnerabile alle influenze corruttrici , agli interessi economici”. Lo Stato è divenuto preda delle grandi imprese e della finanza e il risultato è una forma corrotta di governance che l’attivista americano chiama “il duopolio mercato / Stato - una stretta alleanza tra fazioni politiche ed economiche all'insegna della cultura della crescita e dell'integrazione nei mercati globali”. Ma questa visione, prosegue Bollier, sta implodendo sotto i nostri occhi. Le sue pretese di equità sociale appaiono ora come una menzogna. E il "libero mercato" e la "mano invisibile" si sono rivelati come una grande truffa, dato il massiccio piano di salvataggio pubblico delle banche e le sovvenzioni e i privilegi giuridici offerti alle imprese.
Bollier propone una visione fondamentalmente diversa dello sviluppo umano, della tutela dell'ambiente, dei mezzi per produrre e condividere le cose di cui abbiamo bisogno. Piuttosto che assumere che le nostre società sono composte da individui egoisti, razionali, che cercano di massimizzare il loro "profitto e la cui aspirazione finale è il consumismo, optiamo per una comunità il cui obiettivo è essere d’aiuto ai propri membri attraverso la cooperazione sociale e il sostegno reciproco.
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