Da quale parte state?

Categoria: Cultura Tag: Alimentazione

Il Comitato federale Consultivo per le Linee Guida per le Diete degli Stati uniti, per la prima volta, ha raccomandato di evitare i prodotti a base di carne e di latte che, secondo quanto riporta il Wall Street OTC, “sono considerati all’origine di malattie e obesità negli Stati uniti”. Il rapporto preliminare giunge ad affermare che una dieta “ricca di vegetali e che contiene una minore quantità di cibi di origine animale è più sana per l’organismo ed è anche positiva per l’ambiente”.

Comprensibilmente, i miei amici vegani hanno invaso le reti sociali con queste notizie, accompagnandole con un’ampia gamma di statistiche (alcune affidabili, altre no) relative a come l’agricoltura degli allevamenti sta uccidendo gli ecosistemi. “Diventate vegani” era il messaggio diffuso, “e il pianeta sarà salvo”. Prima di diffondere questa richiesta così condivisibile, permettetemi però di fare una decisa affermazione, da lasciare agli atti: Certo, naturalmente saremmo in presenza di un affascinante passo nella giusta direzione, per tutte le specie, se ogni essere umano che sia in condizione, per ragioni logistiche, di farlo, diventasse vegano. Però devo anche aggiungere quest’altra affermazione: Un tale spostamento sismico non potrebbe arrestare il nostro cammino verso l’ecocidio.

È infatti vero che l’agricoltura di allevamento costituisce un disastro per i territori che noi condividiamo ma in realtà è solo un sintomo. Per salvare il pianeta, la malattia che dobbiamo combattere e sradicare è il capitalismo in tutte le sue molteplici e distruttive incarnazioni. Purtroppo, anche gli attivisti più impegnati e che realizzano una contrapposizione efficace, si devono genuflettere davanti all’altare dei margini di profitto. Come la maggior parte delle persone normali che essi deridono, molti se non la gran parte dei radicali ripetono come dei pappagalli le omelie che gli vengono trasmesse dai loro commissari politici delle società. Il capitalismo, come noi siamo condizionati a credere, può qualche volta aver bisogno di mostrare delle carenze occasionali e qualche volta delle eccedenze, però, in realtà è migliore di qualunque altra cosa! I prezzi possono essere controllati, i salari possono essere aumentati, i prodotti potrebbero essere fatti in modo da durare più a lungo e così via, ma ciò che tutto questo ignora è che il capitalismo è uguale all’ecocidio.

Finché non rimarrà più nulla

Comprendere a fondo il capitalismo e dare agli altri una spiegazione delle sue apparenti carenze non richiede alti livelli di conoscenza o capacità analitiche superiori. Non si tratta di concetti vaghi o inapplicabili come “buono” o “diabolico” e non ha certo nulla a che vedere con le fantasie sbandierate dai professori di economia.

Si tratta invece di un “progetto”.

Il capitalismo è un sistema economico basato sulla crescita continua e sullo sfruttamento continuo di tutto ciò che noi siamo arrivati a definire “risorse naturali”. Per definizione questo approccio è insostenibile, poiché non può essere riformato ed è un meccanismo contrario alla vita. Per potersi garantire l’accesso e il controllo delle risorse, il capitalismo richiede interventi brutali, sostenuti militarmente (o la minaccia di usarli). Il Dipartimento della Difesa degli Stati uniti, ad esempio, costituisce la più grande e pericolosa potenza militare ed è il maggiore inquinatore del pianeta e ingoia fino a metà delle entrate per tasse federali degli Usa.

Gli interventi militari (o anche solo la loro minaccia) portano alle guerre, ai crimini di guerra, alla nascita di regimi autoritari, alla povertà e alle repressioni, alle devastazioni ambientali, e anche al dominio delle imprese sulle risorse.

Il capitalismo – perseguendo i suoi profitti predatori – richiede che degli esseri umani dominino altri esseri umani, e che gli esseri umani dominino gli esseri non umani, e che gli essere umani dominino l’ambiente, finché nulla venga lasciato intatto.

Le risorse sono finite, non possono essere imitate nei laboratori. Sfruttando, avvelenando e consumando, l’ecosistema altera il delicato e simbiotico equilibrio del mondo naturale, e ciò determina soltanto ulteriori devastazioni.

Il capitalismo richiede un consumo senza interruzioni. Quindi gli esseri umani sono riprogrammati in obbedienti e male informati consumatori. Una propaganda pervasiva e le pubbliche relazioni obbligano i consumatori a consumare, i lavoratori a lavorare e gli oppressori a reprimere (e ciò spiega perché dei poliziotti appartenenti alla classe media spargono liquidi ustionanti sugli attivisti invece di unirsi a loro).

Mentre altri sistemi economici possono affrontare alcune delle diseguaglianze, così diffuse tra gli esseri umani, inerenti ad una società capitalistica, a meno che un tale sistema sia concepito in modo sincronico con il nostro ecosistema, non farà nulla per prevenire il collasso economico, sociale ed ambientale che si sta preparando.

E quindi, di nuovo: tutti coloro che ne hanno la possibilità di farlo, dovrebbero diventare vegani? Certamente si, ma Ieri. E ciò sarebbe sufficiente? Nemmeno in un tempo ancora più ridotto. Per avere una qualunque possibilità di garantirci un futuro, noi dobbiamo concentrarci e unirci e smettere di fare il capitalismo.

Essere anticapitalisti significa guardare oltre la prossima scadenza fiscale, oltre i confini nazionali, e al di la di ogni propaganda delle imprese.

Essere capitalisti significa ignorare la realtà. Essere capitalisti significa essere convinti che la tecnologia sia neutrale, che gli essere umani possono “controllare” la natura, e che il campo su cui giocare è ancora praticabile.

Essere anticapitalisti comporta denunciare i privilegi e preferire la solidarietà superando egocentrismi e paure.

Essere capitalisti significa preferire gli azionisti rispetto alla condivisione, le merci rispetto alle comunità.

Essere un anticapitalista significa comprendere che si tratta di un sistema basato su una crescita ad ogni costo che è contro la vita. Essere anticapitalista significa rifiutare l’ecocidio.

Essere capitalista significa chiedere un sostegno per un suolo tossico, avvelenato, desertificato, continuamente distrutto da guerre, malattie, diseguaglianze, repressioni, incarcerazioni e discriminazioni.

Essere anticapitalista significa essere sempre capace di vedere al di là della facciata, in grado di analizzare una miriade di crisi globali, e di avere una valida e nuova visione per il futuro, un futuro che si proietti molto al di là delle odierne campanelle di chiusura di Wall Street.

Essere un anticapitalista significa riconoscere l’urgente necessità di avviare un processo di creazione di un nuovo sistema – un sistema da non svendere al miglior offerente, non basato sul consumo materiale delle celebrità, sulla bellezza fisica o sulle conquiste militari; un sistema che promuove l’unità e le azioni collettive, pur mantenendo le individualità e l’indipendenza; un sistema che ci sfidi a pensare in modo autonomo e agli altri; un sistema che comprende le connessioni tra le collettività umane e la vita non umana.

Essere un capitalista è agire come se fossimo l’ultima generazione degli umani.

Essere un anticapitalista è apprezzare la necessità di fare molto di più di alcuni cambiamenti del nostro stile di vita; significa immaginare in modi molto diversi le nostre relazioni con il mondo naturale.

Cari compagni, da quale parte state? Il futuro attende le vostre decisioni.

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