Le imprese transnazionali sono sempre più concentrate verso la conquista della biomassa. Si comportano come veri «bio padroni», dice Pat Mooney, docente universitario canadese, da anni accanto ai movimenti globali nella lotta contro la brevettazione e la privatizzazione della biodiversità. Con il consenso dei governi, inclusi quelli dei paesi «emergenti», come il Brasile, le imprese lavorano per individuare i metodi scientifici che consentono di trasformare le ultime risorse del pianeta in materiale di consumo. Il fumo creato con la green economy e le nano-tecnologie ha stordito e illuso tanti e arricchito alcuni, non certo i contadini che attraverso il loro lavoro quotidiano e le loro organizzazioni continuano a produrre, anche se nesso uno lo dice, il 70 del cibo che mangiamo. Il loro potere diffuso e la loro ostinazione restano enormi. Per altro, gran parte dei contadini rifiutano di essere al soldo dell’agricoltura industriale e non usano prodotti chimici nei campi per scelta e perché non se li possono permettere. Se vogliamo sopravvivere ai cambiamenti climatici e garantire cibo buono e sano a tutti, dobbiamo soltanto permettere a quei contadini e a quelle contadine di restare i custodi della biodiversità.