Come già segnalato in precedenti occasioni, quando Danilo Taino scrive di clima la realtà passa in secondo piano, messa da parte per far posto ad una narrazione personale basata sul pregiudizio ideologico e l’insulto gratuito.
Nell’articolo che ha occupato la parte centrale della prima pagina del Corriere della Sera del 1° aprile col titolo “Terra malata, la cura che divide gli scienziati”, e ripreso a pag. 23 col titolo “Ma l’allarmismo non aiuta a trovare soluzioni”, l’autore si è superato, con un testo in cui ogni frase non ha rapporto con i fatti, come qui mostriamo.
“La sobrietà non è moneta corrente quando si parla dei cambiamenti del clima. Le iperboli sono anzi formidabili. Forse, però, l’approccio al serissimo problema sta leggermente cambiando”
L’autore non fornisce esempi per dimostrare le “formidabili iperboli usate in passato” (da chi? Dagli scienziati di cui si parla nell’articolo? Dai suoi colleghi giornalisti?) e oggi messe in soffitta, o altri riferimenti che giustifichino l’affermazione secondo cui l’approccio stia cambiando. Il “forse”, il “leggermente” non permettono di capire quanto questo cambiamento sia davvero reale.
“La seconda parte del rapporto dell’Ipcc pubblicata ieri dalle Nazioni Unite è un po’ meno allarmista che in passato, sia nei toni sia nei contenuti”
Si tratta un’affermazione senza fondamento, o almeno non dimostrata. Quali contenuti rendono questo rapporto meno allarmista dei precedenti? Mistero.
“Non che tenga il volume basso: continua a considerare il riscaldamento globale provocato dall’effetto serra come il male maggiore del pianeta, responsabile delle più terribili catastrofi future”
Non ci sono dettagli sui paragrafi del rapporto IPCC in cui gli scienziati avrebbero sostenuto che il riscaldamento globale sia “il male maggiore del pianeta” o che sia “responsabile delle più terribili catastrofi future”. Il perché è presto detto: perché non esistono, quelle cose non sono state scritte o dette, sono balle, invenzioni che Danilo Taino e il Corriere propinano ai loro lettori.
“Ma le critiche odierne e del passato a questa ideologia allarmista — riferite agli errori di scelta politica che si rischia di fare sotto l’influsso della Sindrome da ultima spiaggia — sembrano avere avuto qualche effetto”.
Quali critiche? Di chi? Delle lobby dei combustibili fossili? Dello stesso Taino? Sarebbe così grave informare il lettore che i rapporti IPCC sono da sempre riconosciuti come adeguati e apprezzati dalle autorità scientifiche di tutto il mondo? “
Nei giorni scorsi, la divergenza su come affrontare la questione è venuta alla luce all’interno proprio della comunità scientifica che ha elaborato il rapporto pubblicato ieri.”
Finalmente il primo fatto concreto: la notizia di una divergenza nella comunità scientifica, su come affrontare il problema. Questa divisione negli scienziati è quella che ha dato lo spunto per il titolo in prima pagina (“la cura che divide gli scienziati”), letto da diverse centinaia di migliaia di persone. Titolo che controbilancia l’altro articolo presente sul Corriere a pag. 23, un corretto resoconto di Giovani Caprara, intitolato “Ghiacci al collasso e piogge violente: <<Bisogna agire subito>>”.
Ma in cosa consiste questa divisione? Vediamo:
“Uno degli estensori di uno dei capitoli, Richard Tol dell’Università del Sussex, ha scelto di non firmare il sommario dello studio — cioè la parte più letta e più d’impatto — in quanto troppo allarmista e finalizzato a sostenere che il climate change è il problema dei problemi del mondo, un’impostazione che a suo parere può sconfinare nella «sciocchezza»”.
La divisione consisterebbe in 1 scienzato uno in disaccordo con gli altri 745 (243 lead authors, 66 review editors e 436 contributing authors), un dissenso dello 0,13%? In quale altro consesso umano, non bulgaro, si riesce a raggiungere un accordo maggiore quando si affrontano questioni complesse? Senza contare che i lavori e i numeri dello scienziato “fuori dal coro” sono stati criticatati per i numerosi errori che contenevano.
Taino nel seguito sintetizza in poche righe il disaccordo di Richard Tol (che nel 2009 aveva raccontato su Climalteranti una disavventura con La Stampa) su alcuni punti del rapporto, concludendo:
“Al di là del merito, la disputa rivela che le conclusioni della Ipcc, fino a qualche anno fa mai messe in discussione, iniziano a essere contestate apertamente all’interno della stessa comunità scientifica.”
Anche questa volta, il merito non è importante, conta solo quello che secondo Taino la vicenda rivela, una presunta aperta contestazione mai avvenuta prima.
Ebbene, lo stesso Taino aveva già scritto in passato diversi articoli per riportare e ingigantire a dismisura alcuni errori trovati nei rapporti IPCC (con tanto dell’invenzione delle imminenti dimissioni del Presidente IPCC Pachauri). Il punto è che siccome l’attuale contestazione è ovviamente poco rilevante davanti ad un’impresa scientifica come quella di un rapporto di 2562 pagine, sottoposto a due cicli di revisione di 1729 esperti di 84 paesi che hanno fatto 50.492 commenti, il disaccordo di uno studioso 1 va presentato come senza precedenti, e non un fatto normale, fisiologico in questo tipo di procedure.
Verso il finale arriva qualche esempio tratto dal volume pubblicato dall’IPCC, con una clamorosa sorpresa.
“Fatto sta che, sotto la pressione di un dibattito che cresce, il rapporto presentato ieri è un po’ più prudente che in passato. Per esempio, sostiene che «al momento, il fardello nel mondo della cattiva salute umana derivante dai cambiamenti climatici è relativamente piccolo rispetto agli effetti di altre fonti di stress e non è ben quantificato». E scrive che al fianco di un aumento delle morti per la crescita delle temperature c’è anche una diminuzione delle morti per il freddo (probabilmente maggiore, ma questo il rapporto non lo dice).”
Taino traduce (male) una delle frasi effettivamente presenti nel Sommario per i Decisori Politici del secondo volume del rapporto IPCC (pag. 7 “At present the world-wide burden of human ill-health from climate change is relatively small compared with effects of other stressors and is not well quantified. However, there has been increased heat-related mortality and decreased cold-related mortality in some regions as a result of warming (medium confidence). Local changes in temperature and rainfall have altered the distribution of some water-borne illnesses and disease vectors (medium confidence)12”), aggiungendo alla valutazione degli studiosi del settore… una propria valutazione (!), secondo cui la diminuzione delle morti per freddo sarebbe “probabilmente” inferiore all’aumento delle morti dovuta al caldo.
Taino insinua che il rapporto IPCC avrebbe celato la buona notizia secondo cui i minori morti per il minor freddo superano i maggiori morti per il caldo, un’accusa tanto grave quanto – al solito – infondata. L’IPCC dedica al questo punto non solo – ovviamente- quella frase del sommario, ma i paragrafi (11.4-6, 18.4, 25.8), richiamati dalla nota “12” alla fine del periodo citato. Al Cap. 11.4 sono spiegati i dati disponibili e i meccanismi individuati che portano alla mortalità, concludendo
“For reasons given above, it is not clear whether winter mortality will decrease in a warmer, but more variable, climate (Ebi and Mills, 2013; Kinney et al., 2012). Overall, we conclude that the increase in heat-related mortality by mid-century will outweigh gains due to fewer cold periods, especially in tropical developing countries with limited adaptive capacities and large exposed populations (Wilkinson et al., 2007)”.
Lasciando perdere che quello sulla salute è solo uno dei tanti impatti del riscaldamento globale, la domanda è: su quali dati e fonti si basa la diminuzione delle morti per il freddo è probabilmente superiore all’aumento delle morti per la crescita delle temperature”?
Le più autorevoli fonti mediche (per esempio The Lancet) avvertono che gli effetti del cambiamento climatico sulla salute umana saranno gravissimi (come verrà spiegato in un porssimo post). Di quali informazioni dispone lo Statistical Editor del Corriere, che invece sono contraddette (o state nascoste) dall’IPCC?
Non possiamo che chiederlo direttamente a Danilo Taino, con questo post, nonché con email e con tweet che manderemo nei prossimi giorni.
Speriamo di avere risposte. In caso contrario, anche questo articolo sarà da archiviare come un killeraggio del lavoro della comunità scientifica sul clima, da parte di un giornalista che ormai sarebbe meglio da definire un “fantasy editor”.
A meno che, l’articolo essendo uscito il 1 aprile…
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