Inquinamento ambientale, centrale di Fiume Santo: arrestati vertici E.On

Condividi

Share/Save

Inquinamento ambientale, centrale di Fiume Santo: arrestati vertici E.On

Categoria: Ambiente Tag:

Prima dell’addio sono arrivati gli arresti. A due mesi dall’annuncio della vendita degli asset italiani di generazione elettrica a carbone e gas, per i vertici della multinazionale tedesca E.On in Sardegna sono scattate le ordinanze di custodia cautelare. Tutto ruota attorno alla centrale di Fiume Santo, nord ovest dell’Isola, a Porto Torres: dall’alba di questa mattina sono finiti agli arresti domiciliari il direttore, Marco Bertolino – fermato quando ormai era a bordo di un aereo in partenza da Alghero – e il suo vice, Livio Russo.

Le operazioni, portate avanti dalla Guardia di Finanza, sono state disposte dalla Procura di Sassari: l’accusa è di inquinamento ambientale doloso di rilievo internazionale, perché il Golfo dell’Asinara (con l’omonimo Parco nazionale) divide appunto la Sardegna dalla Corsica. Oltre ai due arresti ci sono altri provvedimenti a carico dei dirigenti di E.On: l’interdizione per due mesi dalle rispettive cariche per Salvatore Signoriello, amministratore delegato di E.On produzione, e Paolo Venerucci, direttore risorse umane e sviluppo territoriale E.On Italia, e Alessandro Muscas, legale rappresentante della Lithos srl, l’azienda che si era occupata delle analisi chimiche sui terreni inquinati. In sostanza i cinque avrebbero agito, per anni, di comune accordo al fine di non segnalare i continui sversamenti di olio combustibile. Dove? Nel terreno, nelle falde acquifere e quindi nel mare. Da qui l’inquinamento di suolo e sottosuolo in aree di interesse collettivo, un danno ambientale ancora da quantificare con possibili conseguenze sulla salute pubblica. I reati contestati sono quelli di inosservanza delle prescrizioni del Testo unico dell’ambiente, relative agli scarichi.

L’intercettazione: “Là sotto c’è l’inferno”
La magistratura, in particolare, ha appurato che il gruppo di dirigenti era a conoscenza delle perdite continue. Un lungo stillicidio di olio combustile destinato ai gruppi 1 e 2 nascosto per non creare danni di immagine ed economici. La falla, secondo quanto appurato, era causata da un serbatoio da 50mila litri che si era staccato dal fondo: un’anomalia non da poco di cui i vertici erano a conoscenza. Un avvelenamento lento, quindi, e silenzioso per scelta. Le indagini sono durate circa un anno, dalle intercettazioni telefoniche l’evidenza: “Là sotto c’è un inferno“, così avrebbe detto uno degli indagati. Da lì i sopralluoghi e i blitz della Finanza, un lavoro descritto dal comandante provinciale delle Fiamme Gialle, Francesco Tudisco, e dal pm Carlo Scalas, che ha portato all’acquisizione di elementi cartacei e digitali. Il procuratore capo, Roberto Saieva, ha assicurato che “le indagini proseguono ora per accertare ulteriori condotte di altre persone e verificare le reali dimensioni dell’inquinamento a Fiume Santo”. Un’operazione legata a un’altra indagine, coordinata dal pm Paolo Piras, sull’inquinamento atmosferico da polveri di carbone condotta dai carabinieri del Noe.

La marea nera del 2011
Perdita di olio combustibile: l’ingrediente principale è lo stesso della cosiddetta “marea nera”. Quella che invase, a gennaio 2011, l’intero Golfo dell’Asinara, fino alla Gallura, al centro dell’altra vicenda giudiziaria che coinvolge gli stessi vertici della centrale E.On in Sardegna. Il processo per inquinamento ambientale è ancora in corso: quattro anni fa finirono in mare e poi nelle spiagge e rocce 36mila litri di materiale oleoso. Un incidente notturno avvenuto mentre la nave cisterna stava scaricando nella banchina: la causa, secondo periti e testimoni, sarebbe stata la rottura di un tubo nelle condutture a terra, quindi di responsabilità della E.On che avrebbe dovuto curare manutenzione e controllo. Colpevole uno squarcio di circa 15 centimetri. Questo anche secondo la relazione tecnica, immediatamente successiva all’intervento di emergenza, dell’ex capo della sicurezza della Capitaneria di Porto Torres, Mirko Orrù. Posizione ribadita, come testimone, in Aaula durante il processo.

Il rapporto d’amore-odio con il territorio
Il rapporto della società tedesca con il territorio sassarese e l’Isola in generale da tempo era logoro. I gruppi 1 e 2 della centrale, fino al 2008 in mano agli spagnoli dell’Endesa, andavano avanti a suon di deroghe ambientali fino al 2013 concesse in nome della salvaguardia dei posti dei lavoro. Poi la dismissione. Le promesse di investimenti – mediatori quasi impotenti i sindacati e i politici locali – tra cui soprattutto quella di un nuovo gruppo a carbone (attivi altri due, in totale da 600 megawatt di potenza) sono state sempre rinviate. Fino alle decisione di cessione al gruppo energetico ceco Energeticky un Prumyslovy (Eph).

Commenti

Aggiungi un commento

Plain text

  • Nessun tag HTML consentito.
  • Indirizzi web o e-mail vengono trasformati in link automaticamente
  • Linee e paragrafi vanno a capo automaticamente.
CAPTCHA
Dimostraci che non sei una macchina :-)
Image CAPTCHA
Enter the characters shown in the image.