Quello che costa una bistecca non è solo il prezzo da pagare al macellaio, ma una non più sostenibile agricoltura e allevamento di animali da cibo. Le cifre e le conseguenze si conoscono da tempo ma adesso una denuncia del Wwf porta alla luce un altro e alto prezzo da pagare: la deforestazione dell’Amazzonia.
I dati
Negli ultimi 50 anni si è già perso quasi un quinto della superficie della foresta amazzonica per la produzione di soia, sì perchè la soia è l’ingrediente principale dei mangimi per animali. Se il 6% della soia prodotta al mondo è destinata direttamente al consumo umano, circa tre quarti vengono invece utilizzati per l’alimentazione animale, soprattutto per pollame e suini (per produrre 1 chilogrammo di carne suina vengono utilizzati 263 grammi di soia, ben 575 per il pollo, 173 per il manzo e 307 un analogo quantitativo di uova) . La soia, la sua coltivazione è la maggiore responsabile della deforestazione in Brasile e Bolivia, insieme con l’espansione dei pascoli per il bestiame allevato, gli incendi, il disboscamento legale e illegale, la costruzione di strade asfaltate e il degrado causato dai cambiamenti climatici in atto. Gli impatti esterni della produzione di soia, come l’inquinamento dei corsi d’acqua da prodotti agrochimici e l’erosione del suolo, hanno avuto anch’essi un impatto sugli ecosistemi naturali.
Ma oltre a questo c’è la riconversione dei terreni da pascolo. Mentre questo ha il potenziale per essere parte della soluzione, vi è il pericolo che possa contribuire indirettamente alla deforestazione spingendo la produzione di bestiame all’interno della foresta .
Se i tassi di deforestazione degli ultimi decenni continuassero ai ritmi attuali, quasi un quarto della restante foresta amazzonica potrebbe essere persa entro i prossimi 30 anni e il 37% entro i prossimi 50 anni. Stime più pessimistiche indicano come oltre la metà (55%) potrebbe essere persa nei prossimi 20 anni perchè l’aumento della domanda di prodotti agricoli innesca un circolo vizioso di feedback climatico che prevede, per esempio, l’aumento della siccità e degli incendi boschivi.
Le proposte del Wwf
E’ urgente produrre soia in maniera più responsabile altrimenti questi ecosistemi naturali di straordinaria importanza potrebbero andare persi per sempre, insieme con l’inestimabile biodiversità che ospitano e i servizi vitali che forniscono. Per il WWF è già ora possibile ridurre notevolmente gli impatti negativi della soia con un’azione decisa da parte dei governi e una spinta concertata verso la sostenibilità ambientale e sociale lungo tutta la catena di produzione della soia, ma è necessario il sostegno di finanziatori e consumatori per raggiungere questo obiettivo.
Il Wwf chiede che i governi si impegnino in una migliore pianificazione dell’uso del suolo, la tutela delle aree naturali vulnerabili e di valore, un processo di certificazione quale quello proposto dalla Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile (Roundtable on Responsible Soy, RTRS), migliori pratiche agricole e la riduzione di scarti e rifiuti. Nei Paesi sviluppati i consumatori possono contribuire a contenere la domanda di soia riducendo il proprio consumo di proteine animali (in base alle raccomandazioni nutrizionali sulla salute) e riducendo gli sprechi alimentari. In Italia, così come negli altri paesi ricchi, è in casa che si spreca di più. Ogni anno gli italiani per negligenza e disattenzione buttano oltre 1,2 milioni di tonnellate di alimenti, che corrispondono a circa 8 miliardi di euro (da indagine GfK Eurisko 2013). Lo spreco alimentare non è solo un problema di alimenti. Per arrivare sulle nostre tavole, il cibo di cui ogni giorno ci nutriamo richiede, infatti, moltissime risorse naturali e per questo può avere impatti importanti sull’ambiente.
Il paradosso dell’obesità
“Parlando di alimentazione, il momento storico che stiamo attraversando vede lo scontro tra fame e obesità, miseria e abbondanza, produzione e consumo quali aspetti dello stesso problema che uniscono malnutrizione, povertà, sicurezza alimentare, salute e sprechi, quest’ultimo vero oltraggio morale e ambientale. Oggi secondo la Fao la produzione agricola mondiale attuale potrebbe nutrire 12 miliardi di esseri umani, quasi il doppio di quelli attualmente presenti sul pianeta e il cibo che viene sprecato potrebbe alleviare la fame delle popolazioni malnutrite del pianeta (basterebbe per alimentare l’intera popolazione dell’Africa Sub-Sahariana) e ridurre gli inutili impatti ambientali che la sua produzione e smaltimento determinano” ha dichiarato Eva Alessi responsabile sostenibilità Wwf Italia.
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