Sono stati entrambi resi noti, sia quello della Dg Agri, che della Dg Sanità. L’argomento è stato trattato su entrambi i fronti, agricolo e sanitario. La risposta alle attese, soprattutto di tanti italiani che speravano in una regolamentazione più precisa e trasparente, è stata però negativa. Queste le motivazioni espresse dalla Commissione UE con la Dg Agri: "Considerando i potenziali costi aggiuntivi e gli ulteriori oneri burocratici a carico di imprese e amministrazioni pubbliche, ulteriori indicazioni obbligatorie potrebbero avere un impatto iniquo sui produttori, rivelandosi particolarmente gravose per alcuni, mentre ci sono dubbi che i consumatori siano disposti a pagare di più."
Mentre il Dg Sanità si svicola dall’importanza di inserire l’origine nelle etichette di pasta e riso, affermando che i consumatori sono anche interessati a queste informazioni, ma: "In misura minore rispetto ad altri alimenti come carne e prodotti a base di carne."
L’indicazione dell’origine rimarrebbe quindi su base volontaria. Insoddisfazione anche dal mondo politico, ecco le parole del Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina: "Siamo delusi dal rapporto della Commissione. Faremo sentire forte la nostra voce nel Consiglio dell’Agricoltura UE."
Coldiretti fa notare che questo parere va contro la volontà del 96,5% dei consumatori italiani che hanno risposto alla consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole, che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015.
In base al regolamento comunitario n. 1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, gli Stati Membri possono introdurre norme nazionali che regolamentino l’etichettatura obbligatoria per l’origine geografica, se i cittadini esprimono parere favorevole in una consultazione pubblica.
Le percentuali di chi ritiene che l’etichettatura sull’origine sia fondamentale per conoscere la qualità del prodotto sono state molto alte: l’89% per i prodotti lattiero caseari, l’87% per le carni trasformate, l’83% per frutta e verdura trasformate, l’81% per la pasta, il 78% per il latte a lunga conservazione.
L’Europa non ha proseguito il percorso che era stato intrapreso da qualche anno e che ha avuto come ultima tappa il Regolamento UE 1337/2013, in vigore dal 1 aprile di quest’anno e che rende obbligatorio per gli operatori del settore della carne, indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale, capra e pecora.
Restano vive le speranze di Coldiretti, a fronte della necessità di una maggiore trasparenza che oltre a rendere il consumatore più consapevole, sostenga la buona impresa. Lo si capisce dalle parole del presidente, Roberto Moncalvo:"Siamo certi che il Parlamento Europeo saprà smascherare i pesanti condizionamenti delle relazioni della Commissione per testimoniare in aula i reali interessi dei cittadini."
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