Segnalando emblematici conflitti ambientali del nostro paese come quelli del Vajont e di Casal Monferrato, della Val di Susa e della Terra dei Fuochi, ma dando spazio anche a conflitti meno conosciuti, l'Atlante Italiano dei Conflitti Ambientali, online dal 13 marzo, è una mappa interattiva che rappresenta i conflitti ambientali di varia natura presenti sul territorio. Contribuisce a espandere l'Atlante Globale della Giustizia Ambientale, online dal 2014 e contenente più di 1.400 casi di conflitti in tutto il mondo.
La mappa racchiude storie di devastazione e saccheggio ambientale, di ecocidi ed eco-apartheid, ma anche esperienze di cittadinanza attiva, di difesa territoriale e di costruzione di modelli alternativi di gestione delle risorse portati avanti da diversi attori sociali che si mobilitano per la giustizia ambientale.
In Italia come nel resto del mondo, diversi territori subiscono gli impatti ecologici, sociali ed economici dei processi di produzione e della gestione delle risorse naturali. Progetti ad alto impatto ambientale come le attività minerarie, le maxi dighe, le piantagioni, l'instaurazione di campi petroliferi e di centrali a carbone, gli inceneritori, possono spesso causare gravi conseguenze per la popolazione locale che per far valere i propri diritti si trova a entrare in conflitto con gli attori coinvolti nei progetti. Azioni come la presentazione formale di lamentele, petizioni, incontri, boicottaggio, scioperi, disobbedienza civile, campagne a livello locale e internazionale sono esempi di azioni portate avanti dalle popolazioni per far difendere il proprio territorio e i propri diritti.
Nonostante queste dinamiche siano diffuse a livello globale, come mostra l'Atlante, questi processi avvengono spesso lontano dagli occhi dei consumatori che usufruendo dei prodotti finiti non sono a conoscenza delle controversie legate alla loro produzione. L’obiettivo dell'Atlante è quello di rendere queste conseguenze più visibili e di promuovere la responsabilità di imprese ed istituzioni sulle ingiustizie.
L'Atlante è concepito come una piattaforma partecipativa: registrandosi sul sito è infatti possibile segnalare nuovi casi, che appariranno sulla mappa dopo l'approvazione da parte dell'equipe di ricerca del Centro Documentazione Conflitti Ambientali, responsabile del progetto. Le schede sono suddivise in alcune aree principali: energia nucleare, estrazione mineraria e cave; gestione dei rifiuti; biomasse e conflitti legati alla terra; energia (fossile, rinnovabile e giustizia climatica); gestione dell'acqua; infrastrutture e cementificazione; turismo; biodiversità; industria, manifattura e installazioni militari.
A livello italiano più di 100 schede sono già state registrate, mostrando una penisola punteggiata di conflitti più o meno estesi. La categoria più diffusa in Italia è quella delle “discariche, trattamento rifiuti speciali/pericolosi, smaltimento illegale” con 23 casi, seguita dalle “reti d’infrastrutture per il trasporto (strade, ferrovie, idrovie, canali, gasdotti, oleodotti, ecc.)” con 17 casi, e dai “conflitti legati allo sviluppo urbano” con 15 casi.
E' la Campania la regione dove vengono segnalati più conflitti, con 11 casi legati principalmente alla gestione dei rifiuti. Seguono il Veneto con 9 casi legati sopratutto alla costruzione di infrastrutture e il Lazio, sempre con 9 casi legati alla gestione dei rifiuti, all'energia, all'industria, alla conservazione della biodiversità e alla gestione dell'acqua. Tra le aziende coinvolte nei conflitti sono in testa ENEL spa con 9 casi, Eni S.p.A con 6 casi, Cooperativa Muratori & Cementisti con 4 casi, Edison e Carbide Corporation con 4 casi e Shell con 4.
La piattaforma italiana è stata realizzata nell’ambito del progetto europeo di ricerca Ejolt (Environmental Justice Organisations, Liabilities and Trade), finanziato dalla Commissione europea e che ha coinvolto, per 5 anni, oltre 20 partner internazionali tra università e centri studi.
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