Le conseguenze le conosciamo: mina l’equilibrio tra utilizzo umano del suolo e ambiente, spinge alle migrazioni aggravando affollamento urbano e povertà, erode culture ed economie locali e, quando la terra viene destinata a coltivazioni per l’esportazione o biocarburanti, minaccia la sicurezza alimentare di chi quelle terre le vive. Ma di che cosa parliamo esattamente? Qual è l’incidenza? Approfittiamo di una bella ricerca a cura del quotidiano Avvenire per darvi qualche numero e inquadrare meglio la dimensione del problema.
La superficie
A partire dal 2000, a livello globale, contiamo oltre 1.600 accordi di acquisizione di grandi porzioni di campagne, per un totale di oltre 60 milioni di ettari. Se consideriamo in media questi dati, ogni secondo nel Sud del pianeta viene acquistata un’area pari a un intero campo di calcio. Tra il 2000 e il 2010, nei Paesi più esposti alle compravendite, gli investitori stranieri hanno fatto propria ogni quattro giorni una zona più grande di Roma. Tra le zone più colpite segnaliamo il Sud Sudan con il 5% del territorio in mano a investitori stranieri. In Camerun, se possibile, la situazione è persino peggiore: 10 dei 22 milioni di ettari di foreste sono già stati assegnati a società straniere per concessioni di sfruttamento.
L’area più colpita è il Sud Est asiatico: dal 2008, più del 70% dei terreni arabili della Cambogia è stato dato in concessione a privati. Avete letto bene, i contadini locali sono stati privati di oltre il 70% dei terreni coltivabili. E come se ciò non bastasse, se si rifiutano di abbandonare le proprie terre subiscono minacce e violenze, fino all’omicidio: «Com’è successo il 27 luglio scorso, quando Try Chamroeun è stato ucciso da un soldato cambogiano. Try era un giovane contadino che stava piantando semi di soia sul campo che aveva in gestione dal 2011. La proprietà del terreno era passata di mano, nessuno si era preso la briga di informare chi lo coltivava» leggiamo su Avvenire.
Chi ruba a chi
Secondo i dati di Land Matrix, suo podio della top ten delle acquisizioni globali ci sono gli Stati Uniti (oltre 7 milioni di ettari), la Malesia (3 milioni), gli Emirati Arabi Uniti (2,8 milioni) e il Regno Unito (2,2 milioni). A spese di chi? La nazione che ha perso più terra è la Papua Nuova Guinea (quasi 4 milioni di ettari), segue l’Indonesia (3,5 milioni), il Sud Sudan (3,4), la Repubblica Democratica del Congo (2,7 milioni).
L’Italia non si è tirata indietro con investimenti in l’Etiopia, Liberia, Mozambico e Senegal dove, dal 2005, più di 80mila ettari di terra sono passati in mani italiane.
I vip
Ted Turner, fondatore della Cnn, nel 2007 è diventato il più grande proprietario terriero dell’Argentina con 51mila ettari di terreno acquistato in Patagonia: uno dei maggiori giacimenti d’acqua del Pianeta. Ma anche gli attori Sharon Stone e Christopher Lambert, gli imprenditori Luciano e Carlo Benetton e il finanziere George Soros possiedono vasti appezzamenti terrieri.
New entry
Negli ultimi anni il land grabbing ha visto l’ingresso di nuovi attori: i Paesi arabi. L’Arabia Saudita, il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti, la Libia e l’Egitto hanno investito molto in Pakistan, Tanzania, Kenya, Uganda e Sudan. Investimenti per rispondere al fabbisogno alimentare mediorientale.
In Europa
Nemmeno l’Europa è immune dal fenomeno: il 3% dei proprietari di terreni agricoli detiene il 50% di tutte le superfici agrarie, mentre colossi dell’agro-business, hedge fund, aziende cinesi e russe hanno acquistato grandi appezzamenti in Ungheria, Romania, Serbia, Ucraina, Spagna, Germania, Francia e Austria. «Se le risorse agroalimentari ottenute dai terreni oggetto di land grabbing – ha spiegato Maria Rulli (autrice di uno studio sul tema pubblicato da Environmental Research Letters ad Avvenire) fossero usate solo per metà al fine di sfamare le popolazioni locali, quasi 200 milioni di persone in più rispetto a oggi avrebbero cibo sufficiente».
A Torino parleremo anche di ocean grabbing per provare a capire cosa davvero succede e cosa di può fare per rimediare. Non mancate.
Michela Marchi da Salonedelgusto.it
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